StudioFV
2007-11-23 18:45:16 UTC
Buona sera a tutti!
Sto seguendo dei clienti (privati) in un'operazione particolarmente
articolata in merito alla quale avrei piacere di sentire anche le vostre
opinioni. Cerchero' di sintetizzare nel modo più semplice:
Due coniugi ( R. e P.) in regime di separazione sono proprietari di due aree
fabbricabili (due terreni diversi contigui) da vendersi ad un'impresa edile
che realizzerà un unico complesso immobiliare che insisterà, oltre che sui
due terreni in oggetto, su di un terzo terreno appartenente ad una terza
proprietà (impresa) che chiameremo "Immobiliare T". (viene quindi fatto un
accorpamento di 3 terreni contigui).
Il progetto relativo al complesso da costruire è stato approvato in questi
giorni e presso l'ufficio tecnico del comune è pronta la concessione
edilizia a nome di "R. P. e Immobiliare T." che non è stata ritirata in
quanto i titolari della concessione dovrebbero prima pagare gli oneri di
urbanizzazione, ma soprattutto l'accordo con l'impresa edile è che essa
provvederà al pagamento degli oneri un volta acquistati i terreni di R. e T.
chiedendo contestualmente la variazione della titolarità della concessione
edilizia in "impresa edile e Immobiliare T".
A questo punto si è insinuato il primo dubbio: assunta l'esistenza di una
concessione edilizia a nome "R. P. e Immobiliare T." posso considerare i
terreni lottizzati (rientrando quindi nella fattispecie di cui all'.art 67,
co 1 lett.a) TUIR ) oppure il fatto di non aver ritirato la concessione
edilizia non configura la fattispecie e devo quindi consierare che si tratti
di aree fabbricabili ai sensi della lett. b, comma 1 del medesimo articolo?
Configurare l'esatta fattispecie, come tutti sanno, è fondamentale ai fini
della determinazione della plusvalenza in quanto i terreni lottizzati
pervenuti per successione/donazione assumono come "valore di acquisto" il
valore normale al momento dell'inizio della lottizzazione e pertano potrebbe
non manifestarsi alcuna plusvalenza.
La norma tributaria nulla dice in merito alla definizione di lottizzazione
e pertanto ho ritenuto di vedere cosa dicano al riguardo le norme in materia
di edilizia e PRG. A tal riguardo nulla ho trovato in merito al mancato
ritiro da parte del proprietario della concessione edilizia quale elemento
di decadenza della lottizzazione (salvo che non si lasci scadere la
concessione). Si ha "lottizzazione" di un'area nel momento in cui l'autorità
competente (e quindi il Comune) autorizza l'edificabilità sul terreno
secondo un determinato progetto. A tal proposito ho anche trovato una
sentenza di Cassazione (sent. 11819 del 19 maggio 2006) che cosi' si è
espressa: "Ai fini della tassazione del reddito, il terreno deve intendersi
giuridicamente "lottizzato" nel momento in cui l'autorità competente ha
provveduto a emettere la necessaria autorizzazione". e tale momento,
pertanto, è quello in cui inizia la lottizzazione ovvero il momento da
prendere come riferimento per stabilire il valore dell'area.
Congifurata, mi auguro correttamente, la fattispecie impositiva, mi sono
trovata di quest'altra complicazione:
1. il terreno A (1/4 dell'area complessiva da vendere) è pervenuto a R. in
forza di successione ereditaria per il 50% e per l'altro 50% per donazione
in vita dalla sorella in un momento successivo. Una volta proprietario
dell'intera area R. decide di far rivalutare il terreno con perizia e paga
l'imposta di rivalutazione. Ora che si accinge a vendere il bene la
rivalutazione effettuata costituisce ostacolo all'applicazione della
previsione nomativa di cui all'art. 68 del TUIR per i terreni acquisiti
gratutitamene (successione e donazione) ovvero che il valore di acquisto è
quello normale del terreno alla data di inizio della lottizzazione? Leggendo
la circolare 9/E del 2001 e la circ. 16/e del 2005 mi sono data risposta
negativa in quanto il valore di perizia "puo' costituire il valore minimo di
riferimento" lasciando quindi facoltà al cedente di stabilire anche un
valore diverso, più altro, e questo è senz'altro il caso in quanto l'area in
soli due anni si è rivalutata notevolmente. Tuttavia mi pare troppo
semplice, in quanto potrei determinare il "valore di acquisto" in 150mila
euro e rivenderlo a 151.000 realizzando una plusvalenza ridicola.....non
trovate??
2. il terreno B (3/4 dell'area complessiva in vendita - anche questo
rivalutato con perizia e relativo pagamento di imposta sostitutiva) invece è
posseduto per il 50% sempre a R. e pervenuto anche questo in forza di
successione e per il restante 50% alla moglie P. a seguito di acquisto dalla
cognata.
Per P. non si pone nessun problema: terreno lottizzato (sempre secondo la
teoria a cui sono pervenuta innanzi) quindi tassazione in dichiarazione per
scaglioni di reddito, valore della plusvalenza pari alla differenza tra il
valore di perizia (il 50% di questo) aumentato di ogni altro onere e il
corrispettivo pattuito.
Per R. si pone lo stesso problema di cui al punto precedente, limitatamente
alla sua quota del 50%. E qui il dubbio sul vincolo del valore di perizia si
rafforza ulteriormente: non è incongruente che lo stesso terreno abbia
valori diversi? in fatti per P. il valore sarebbe di 70 (la perizia stima
tutto il terreno 140) e per R. potrei per assurdo valutarlo 130??
Dov'e' la fregatura che non la vedo??
Grazie a quanti mi aiuteranno a dipanare questa matassa.
Francesca V.
Sto seguendo dei clienti (privati) in un'operazione particolarmente
articolata in merito alla quale avrei piacere di sentire anche le vostre
opinioni. Cerchero' di sintetizzare nel modo più semplice:
Due coniugi ( R. e P.) in regime di separazione sono proprietari di due aree
fabbricabili (due terreni diversi contigui) da vendersi ad un'impresa edile
che realizzerà un unico complesso immobiliare che insisterà, oltre che sui
due terreni in oggetto, su di un terzo terreno appartenente ad una terza
proprietà (impresa) che chiameremo "Immobiliare T". (viene quindi fatto un
accorpamento di 3 terreni contigui).
Il progetto relativo al complesso da costruire è stato approvato in questi
giorni e presso l'ufficio tecnico del comune è pronta la concessione
edilizia a nome di "R. P. e Immobiliare T." che non è stata ritirata in
quanto i titolari della concessione dovrebbero prima pagare gli oneri di
urbanizzazione, ma soprattutto l'accordo con l'impresa edile è che essa
provvederà al pagamento degli oneri un volta acquistati i terreni di R. e T.
chiedendo contestualmente la variazione della titolarità della concessione
edilizia in "impresa edile e Immobiliare T".
A questo punto si è insinuato il primo dubbio: assunta l'esistenza di una
concessione edilizia a nome "R. P. e Immobiliare T." posso considerare i
terreni lottizzati (rientrando quindi nella fattispecie di cui all'.art 67,
co 1 lett.a) TUIR ) oppure il fatto di non aver ritirato la concessione
edilizia non configura la fattispecie e devo quindi consierare che si tratti
di aree fabbricabili ai sensi della lett. b, comma 1 del medesimo articolo?
Configurare l'esatta fattispecie, come tutti sanno, è fondamentale ai fini
della determinazione della plusvalenza in quanto i terreni lottizzati
pervenuti per successione/donazione assumono come "valore di acquisto" il
valore normale al momento dell'inizio della lottizzazione e pertano potrebbe
non manifestarsi alcuna plusvalenza.
La norma tributaria nulla dice in merito alla definizione di lottizzazione
e pertanto ho ritenuto di vedere cosa dicano al riguardo le norme in materia
di edilizia e PRG. A tal riguardo nulla ho trovato in merito al mancato
ritiro da parte del proprietario della concessione edilizia quale elemento
di decadenza della lottizzazione (salvo che non si lasci scadere la
concessione). Si ha "lottizzazione" di un'area nel momento in cui l'autorità
competente (e quindi il Comune) autorizza l'edificabilità sul terreno
secondo un determinato progetto. A tal proposito ho anche trovato una
sentenza di Cassazione (sent. 11819 del 19 maggio 2006) che cosi' si è
espressa: "Ai fini della tassazione del reddito, il terreno deve intendersi
giuridicamente "lottizzato" nel momento in cui l'autorità competente ha
provveduto a emettere la necessaria autorizzazione". e tale momento,
pertanto, è quello in cui inizia la lottizzazione ovvero il momento da
prendere come riferimento per stabilire il valore dell'area.
Congifurata, mi auguro correttamente, la fattispecie impositiva, mi sono
trovata di quest'altra complicazione:
1. il terreno A (1/4 dell'area complessiva da vendere) è pervenuto a R. in
forza di successione ereditaria per il 50% e per l'altro 50% per donazione
in vita dalla sorella in un momento successivo. Una volta proprietario
dell'intera area R. decide di far rivalutare il terreno con perizia e paga
l'imposta di rivalutazione. Ora che si accinge a vendere il bene la
rivalutazione effettuata costituisce ostacolo all'applicazione della
previsione nomativa di cui all'art. 68 del TUIR per i terreni acquisiti
gratutitamene (successione e donazione) ovvero che il valore di acquisto è
quello normale del terreno alla data di inizio della lottizzazione? Leggendo
la circolare 9/E del 2001 e la circ. 16/e del 2005 mi sono data risposta
negativa in quanto il valore di perizia "puo' costituire il valore minimo di
riferimento" lasciando quindi facoltà al cedente di stabilire anche un
valore diverso, più altro, e questo è senz'altro il caso in quanto l'area in
soli due anni si è rivalutata notevolmente. Tuttavia mi pare troppo
semplice, in quanto potrei determinare il "valore di acquisto" in 150mila
euro e rivenderlo a 151.000 realizzando una plusvalenza ridicola.....non
trovate??
2. il terreno B (3/4 dell'area complessiva in vendita - anche questo
rivalutato con perizia e relativo pagamento di imposta sostitutiva) invece è
posseduto per il 50% sempre a R. e pervenuto anche questo in forza di
successione e per il restante 50% alla moglie P. a seguito di acquisto dalla
cognata.
Per P. non si pone nessun problema: terreno lottizzato (sempre secondo la
teoria a cui sono pervenuta innanzi) quindi tassazione in dichiarazione per
scaglioni di reddito, valore della plusvalenza pari alla differenza tra il
valore di perizia (il 50% di questo) aumentato di ogni altro onere e il
corrispettivo pattuito.
Per R. si pone lo stesso problema di cui al punto precedente, limitatamente
alla sua quota del 50%. E qui il dubbio sul vincolo del valore di perizia si
rafforza ulteriormente: non è incongruente che lo stesso terreno abbia
valori diversi? in fatti per P. il valore sarebbe di 70 (la perizia stima
tutto il terreno 140) e per R. potrei per assurdo valutarlo 130??
Dov'e' la fregatura che non la vedo??
Grazie a quanti mi aiuteranno a dipanare questa matassa.
Francesca V.